MILANO CON L’UCRAINA

COMMEMORAZIONE DELLE CINQUE GIORNATE: 18/22 MARZO

C'eravamo abituati bene. Anche troppo. Quasi ottant'anni di quiete in Europa. E chi li aveva mai visti? Eccezion fatta per la dissoluzione dell'ex Jugoslavia, niente pandemie e niente conflitti. Solo prosperità e calma: apparenti.

Il nostro benessere fatto di necessità indotte, le nostre ovattate prigioni digitali, la nostra ultra specializzazione professionale nel nulla della produttività, il nostro ego perennemente connesso ma sempre più lontano dalla realtà. Dagli altri.

L'aver rinunciato e svenduto il nostro percorso in nome di un illusorio presente ci sta costando caro.

E ci scopriamo fragili. Forse fragili come non lo siamo mai stati. Convinti di essere eterni e indispensabili in un mondo sintetico che abbiamo alimentato ma che non abbiamo contribuito a creare; tronfi e grati di apparire fugacemente nei titoli di coda del film biografico di qualcun altro. Ma quanta infelicità ci è costata? Quanta concretezza? Quanta coscienza?

L'indole umana si è presentata alle nostre porte ridendo di noi perché convinti che non l'avremmo più rivista. Più che divertita sembra sorpresa; non ha mai smesso di bussare a porte altrui e si domanda come abbiamo potuto pensare solo per un attimo che non l'avrebbe più fatto alla nostra.  Eppure è sempre stata accanto e in ognuno di noi. Abbiamo tutti chiesto il suo aiuto almeno una volta nella nostra vita. L'abbiamo camuffata con mellifluo conformismo e vestita di avida magnanimità mentre si nutriva della nostra anima e frantumava il ricordo di coloro che ci fecero dono della pace. E ora, che si è palesata nella sua fulgida essenza, facciamo finta di non riconoscerla e di temerla. Ma è sempre lei. Armata della sua secolare e indicibile violenza; forte di un indistruttibile scudo plasmato in folli nazionalismi e di un'invincibile spada forgiata nella nostra candida ipocrisia. Non possiamo evitarla ed è convinta che tutti abbiano ormai scordato la maniera per sconfiggerla. 

Ma si sta sbagliando e questo le costerà caro, perché qualcuno tra noi ancora rammenta come affrontarla.

I Milanesi, l'Italia e l’Europa tutta non hanno ancora ceduto. I saggi anziani, custodi di memoria e coraggio, ci spronano e ci infondono vigore. Gli storici non hanno mai cessato di diffondere il nostro passato per renderci più consapevoli. I vilipesi e dimenticati idealisti non si sono ancora del tutto estinti. Insieme ci risveglieranno e ci guideranno.

In questa commemorazione delle Cinque Giornate, Milano è con l'Ucraina. Il tempo e lo spazio si assottigliano fino a scomparire e le barricate, oggi come allora, sorgono ovunque divenendo baluardi invalicabili. L'occupante è forte; sembra davvero invincibile. È meglio equipaggiato e infinitamente più organizzato. Ma non riuscirà a passare oltre. Non comprende appieno cosa significhi la difesa della propria terra; del proprio retaggio. E questo causerà la sua rovina. Parafrasando parte dello splendido discorso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per l'Otto marzo in occasione della Festa della Donna: questa deriva va fermata adesso e non ci priverà del nostro diritto alla civiltà. La arrestammo allora e ci riusciremo anche oggi.

Alle vittime Ucraine di questi giorni e a quelle milanesi d'allora si rivolgono il nostro sincero cordoglio e la nostra sentita commemorazione. A coloro che combatterono e che in questo momento ancora combattono per difendere la libertà, il nostro infinito rispetto e la nostra incondizionata partecipazione.

Certo, avevamo e abbiamo paura; tanta. La vita ci è cara ma ancor di più lo è quella dei nostri affetti e del nostro paese. E comunque sceglieremmo sempre di vivere, non di sopravvivere.

Per questo nessuno scese o scenderà da quelle barricate. E ogni qualvolta che un tracotante oscurantismo si ripresenterà per cancellare il meglio delle umane vicende, ci troverà sempre lì. Ripeto: Sempre.

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Un sentito ringraziamento a Giovanni D. per lo splendido disegno di apertura e a Luca Lucente per la sua gentile collaborazione per l’immagine di chiusura.

Riccardo Rossetti

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