IL RACCONTO DEI LETTORI

Miracolo sotto le Alpi

La montagna si era stancata di sostenere quel lato di roccia che se ne stava abbarbicato precariamente su uno dei suoi versanti verticali.
Aiutata dalla pioggia e dagli sbalzi di temperatura, ormai usuali, lavorando con costanza, riuscì a scrollarsi di dosso una bella porzione di granito che cadde a valle con rombo di tuono e nuvolone tetro e ghiaioso.
Nel fondovalle gli abitanti del paesino sottostante aspettavano da molto quell'evento e si erano preparati al peggio.
Avevano abbandonato le loro case con tutte le masserizie e svuotato da tutti gli addobbi e arredi la chiesetta che li radunava sotto la protezione della Vergine.
La chiesetta se ne stava lì, al centro della valle, proprio sotto il costone precario come faceva da centinaia di anni, lasciando svettare l'esile campanile con la campana che aveva cadenzato le giornate da tempo immemorabile.
Venne giù la frana e la cortina rocciosa nascose la chiesetta alla vista degli osservatori radunati lontano, sull'altro lato della valle. La campana emise un lungo rintocco penetrante, quasi un lamento. "È finita."
“Crolla tutto.”
“Sarà travolta.”
“La valle non sarà più la stessa.”
Lentamente la muraglia polverosa cominciò a diradarsi, la polvere si distese come un lenzuolo su tutta la valle. Al centro, in un'aura miracolosa, il campanile riemerse, con la sua chiesetta un po' più grigia, intonsi.
La prevenzione dell'uomo che le aveva creato intorno un'area di contenimento, l'aveva salvata.
Ma il commento più diffuso e calzante fu: "Miracolo. Miracolo."
“La Madonnina ha salvato il suo santuario. Miracolo, miracolo."
Quando l'aria tornò limpida e respirabile, la montagna offrì allo sguardo una roccia pulita, chiara, che si affacciava alla luce da ere incalcolabili e con sfaccettature nuove che scintillavano al sole.
Geologi, periti, forestali, civili e curiosi si avvicinarono cautamente al nuovo assetto geologico, valutando i danni, pochi in verità, e studiando gli interventi urgenti per la messa in sicurezza del sito e il ripristino della vita quotidiana del paese. Grandi massi e ghiaino minuto avevano invaso l'alveo di contenimento saggiamente preparato. Se ne stavano lì monoliti erranti finalmente in quiete.
Ai margini del bosco, che si apriva su un lato della valle e che era stato sfiorato dalla valanga, qualcuno sentì un gemito soffocato e accorse.
Acciambellato contro il corpo della madre un cerbiatto spingeva il musetto in cerca di calore e nutrimento. Ma la madre non rispondeva alle sue sollecitazioni. La montagna aveva preteso la sua vittima e una pietra aveva colpito l'animale in fuga senza lasciargli scampo. E aspettava che anche il piccolo cedesse alla sua furia.
Gli uomini, calmi e silenziosi, si avvicinarono al cucciolo. Lo raccolsero delicatamente, cercando di placare il tremore convulso con carezze e sussurrii pacati.
Era stremato, disidratato, negli occhi e nelle orecchie il rombo terrificante che mai avrebbe dimenticato. Senza più energie per tentare la fuga da quelle mani ignote, nude e ruvide, senza l'odore rassicurante della madre.
Il veterinario subito convocato, arrivò con un biberon tiepido. Constatò che, salvo qualche leggera contusione, il piccolo stava bene. Il corpo della madre gli aveva fatto da scudo contro la pioggia sassosa.
Lo hanno chiamato Dolcino come la valle in cui è stato trovato. Crescerà in un centro per il recupero degli animali selvatici e, adulto, verrà rimesso in libertà in un bosco verde e silenzioso.
Beatrice Barbieri

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