PER NON DIMENTICARE LUCIANO DOSI

Il Poetico Cantastorie Di Porta Venezia

Un po’ cantastorie; un po’ suonatore ambulante; un po’ marionettista. Tutto lo spirito della vecchia Milano. Questo era Luciano Dosi, l’uomo che per oltre un trentennio ha fatto sorridere gli adulti e ha regalato divertimento a intere generazioni di bambini presso i giardini pubblici di Porta Venezia.
Sono trascorsi già più di sei anni da quando ci ha lasciato. Il tempo vola e, forse, qui da noi più che altrove. Lo sguardo sempre rivolto al domani, una timore quasi ossessivo di rimanere indietro e una memoria storica sempre più breve ci fanno troppo spesso dimenticare il passato e le persone che ne hanno fatto parte.
Rinverdire il ricordo di questo singolare personaggio che mi ha accompagnato per anni nelle mie passeggiate ai giardini Indro Montanelli, in principio con i miei genitori, poi con gli amici e in seguito con le prime fidanzatine, mi è parso un gesto di doveroso rispetto.
Figlio di un musicista per film muti, Il Dosi nacque nel 1942 e in gioventù si dedicò alle arti circensi e al pugilato. In seguito a un incidente (era funambolo), cominciò a suonare e dipingere. Luciano, ultimo della storica tradizione meneghina dei Barbapedanna, i cantastorie che allietavano e radunavano i milanesi di un tempo, giunse ai giardini pubblici nel 1979 e lì rimase, feriali o festivi che fossero i giorni, fino alla fine della sua avventurosa e incomparabile vita. Non mi soffermerò su altri particolari perché un ottimo articolo di Giacomo Valtolina e il toccante omaggio di Mauro lo Sole (entrambi reperibili in rete), lo descrivono nel migliore dei modi.
Ciò che ricordo personalmente è un uomo immobile nello spazio e nel tempo; caparbio, coraggioso e libero nell'accezione più limpida del termine. Tutto intorno a lui mutava di continuo: la città, le tecnologie, la gente ma non lui né tantomeno la dedizione alla sua arte. La sua aria bonaria celava una fierezza personale ormai oggi estinta; una dignità inarrivabile che derivava dal fatto di non essersi mai omologato o rinnovato. “Bisogna rinnovarsi, rinnovarsi, cambiar di continuo se si vuole riuscire a rimanere a galla!”, il martellante leitmotiv con il quale siamo nutriti di continuo.
Ma Luciano, senza aver mai cambiato il suo passo e rimanendo sempre fedele a se stesso, sconfisse il tempo e la storia; divenne parte integrante della città che amava perché era consapevole dell’importanza del suo lavoro. Esiste forse qualcosa di meglio che far nascere un sorriso o veder ondeggiare un bambino al ritmo della propria musica? Non riesco a immaginarlo.
Sono convinto che anche oggi, che viviamo più in rete che nella realtà, Luciano Dosi continuerebbe imperterrito con la sua tipica bombetta, il suo foulard e il pupazzo Gaston a rendere caldo e accogliente quell’angolo dei giardini grazie alla sua inconfondibile voce baritonale. Forse sorriderebbe o forse si arrabbierebbe, considerato il suo carattere ruvido, nel veder gente che, invece di ascoltare e assaporare il momento, filma la scena disperdendo un bel ricordo tra gli infiniti e inutili video del proprio telefono. Ma proseguirebbe per i più piccoli o per coloro che ancora sono in grado di sognare.
Ora il Dosi sarà in compagnia degli altri storici cantastorie meneghini come Enrico Mulaschi, Giuseppe Beccali, il Berto e lo Zonca. E con tutte le probabilità staranno litigando come matti sugli accordi delle nuove canzoni ma non sulle loro storiche zone di competenza: uno a Porta Tosa, uno a Precotto, uno alla Martesana e un altro a Porta Ticinese. E ai giardini pubblici di Porta Venezia? Per sempre Luciano Dosi.

Riccardo Rossetti

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