TRASFERTA ITALIANA 15
- 25 dicembre 2021 Cultura
Il posto di polizia più vicino si
trovava nei pressi della stazione ferroviaria, nelle vicinanze cioè
dell’accampamento temporaneo o stanziale dei reietti della Terra. Individui di
ambo i sessi un giorno arrivati e mai più ripartiti, che tiravano avanti usando
droga che ne fiaccava lo spirito e afflosciava la mente, implorando la carità
dei cosiddetti normali e vivendo o meglio sopravvivendo della assistenza dei
volontari. Un giovane agente in divisa piantonava l’ingresso. Frank e io ci
avvicinammo, dicendogli di volere parlare con l'ufficiale di servizio.
- I vostri nomi, prego.
- Siamo due investigatori privati – spiegai mostrandogli i
documenti che lo attestavano. Lui li esaminò, dopodiché ci autorizzò a entrare.
Al check-in lasciammo le pistole, quindi potemmo proseguire.
Nel corridoio ci venne incontro un suo collega: anche lui
giovane, anche lui in divisa, anche lui di origine meridionale.
- Per quale ragione volete parlare con l'ufficiale di servizio?
– chiese.
- Una ragione comprendente un omicidio e una fuga di documenti
militari trafugati e venduti a una potenza straniera.
Sembrò farsi immediatamente interessato.
- Venite con me.
Ci precedette lungo un corridoio che conduceva a una serie di
uffici uno dei quali occupato dal commissario di turno.
- Dottore – disse l'agente, - ci sono qui due investigatori
privati che hanno da riferirle alcune cose che sembrano essere molto
importanti.
Il commissario Alfonsi, fece cenno di sedere.
- Commissario, sono un detective privato di Milano e il mio
collega un detective privato di Los Angeles, qui giunto su richiesta di un
cliente americano. Ha chiesto la mia collaborazione, e ha portato anche me qui
a Rimini.
Presi a raccontargli l'intera storia, seguito attentamente da
lui e con un certo sforzo a causa della lingua da Stevens. Quando terminai, si
alzò in piedi dicendo:
- Presto: conduceteci alla casa dove è stato ucciso quell'uomo.
Dopo avere recuperato le nostre armi lo seguimmo a bordo di una
pantera della polizia con un altro agente in divisa. Giungemmo a destinazione
in poco tempo. Entrati nella villetta accendemmo le luci e così anche i
poliziotti poterono notare il cadavere di Genzani steso sul pavimento. Allora
l’ufficiale ordinò all'agente che ci aveva accompagnato di chiamare la
Scientifica, e diramare l’identikit delle due persone da me descritte: Vania e
Hans.
- Noi ci rechiamo alla stazione - disse Alfonsi all'agente, per
poi comunicarlo anche all’autista.
Giunti in stazione rivolgemmo uno sguardo al tabellone delle
partenze: quella per Milano era annunciata di lì a un’ora, mentre quella
precedente era avvenuta un'ora prima. Il commissario passò davanti alle persone
in fila in attesa di acquistare il biglietto sventolando la propria tessera di
poliziotto.
- Polizia! – esclamò infatti. – Riconosce questa persona? –
aggiunse rivolto all’impiegato dietro il vetro.
Così dicendo tramite il mio smartphone gli mostrò la foto di
Vania. L’uomo la fissò, con attenzione.
- No – disse poi. – Non ricordo di averla vista.
Il commissario si volse verso di noi.
- Devono trovarsi in auto, diretti a Milano. Andiamoci anche
noi, presto.
Lasciammo l’impiegato e la stazione e ci precipitammo nell'auto
della polizia.
- Fai girare i pistoni in direzione dell'autostrada e poi
dirigiti a Milano.
L’agente al volante non se lo fece ripetere. Innestando la
sirena sorpassò varie auto incolonnate fino a giungere ben presto
all'autostrada, che si trovava non lontano dall'ingresso in città, svoltando a
sinistra e arrivando al casello indicante Bologna da una parte e Ancona
dall’altra. L'agente prese per Bologna e di lì a poco schiacciò l'acceleratore
a tavoletta. Il limite dei centotrenta fu largamente superato e mentre eravamo
in viaggio Alfonsi avvisò la Centrale di polizia di Milano di recarsi in via
Barillari, al numero 22 e di tenere d’occhio l’abitazione di Vania Titova.
Ovviamente a bordo di un'auto civetta.
- Sempre che si rechino a Milano e non all’aeroporto – disse il
poliziotto rivolto a noi che sedevamo sui sedili posteriori. Diramò poi un
ordine anche agli aeroporti di Malpensa, Linate e Orio al Serio, inviando la
foto di Vania tramite cellulare. Alla fine si lasciò andare sullo schienale,
socchiudendo gli occhi.
Antonio Mecca