TRASFERTA ITALIANA 9
- 12 dicembre 2021 Cultura

Dopo avere concesso uno sguardo di
insieme alla mia camera, replica fedele di quella sottostante occupata da Vania
che di certo fedele non era stata, decisi di scendere e uscire dall'hotel. Al
banco della reception non si trovava nessuno; si percepiva un fragore di
stoviglie provenire da quella che doveva essere la sala da pranzo, e qualche
parola. Lasciai la chiave della mia camera sul banco e uscii. Svoltai a
sinistra, a destra la strada era chiusa. Vicolo cieco, come il titolo
dell’ultimo romanzo di Spillane con Mike Hammer, e come quell’indagine ancora
era per me. Rimasi lì per un certo tempo, due ore forse, per poi finalmente
vedere profilarsi Vania vestita dell'abito da prostituta che avevo avuto modo
di notare all'interno del suo bagaglio. Mi spostai dalla direzione del suo
sguardo, perché stava dirigendosi là dove mi ero appostato. La donna sbucò
sulla strada e svoltò alla sua destra. Si incamminò sotto gli alberi fino a un
bivio stradale, dopodiché si fermò. Puntai con accortezza l'obiettivo della videocamera
su di lei, zoomai sulla sua bella figura che non avrebbe fatto sfigurare nessun
uomo a lei accanto e scattai alcune foto. Quindi sopraggiunse un’auto che
fermatasi accanto aspettò che si chinasse sul finestrino dalla parte del
guidatore e scambiasse con lui alcune parole. Io nel frattempo ne approfittai
per scattare alcune foto che comprendevano sia l'uomo al volante sia la targa
della sua auto, una macchina italiana di medie dimensioni color vinaccia. La
donna salì accanto al guidatore e l’auto ripartì. Mi affrettai verso un'auto
che stava sopraggiungendo brandendo il mio distintivo di poliziotto privato e
sperando che il guidatore non ci facesse caso. L'auto si fermò. Io accorsi
accanto all'autista esclamando:
- Polizia! Per favore, segua quell'auto!
L’uomo: un individuo non più giovane ma non ancora anziano, mi
fece posto accanto a lui con un'espressione preoccupata sul viso, a tenere
compagnia alle non poche rughe che già vi si trovavano.
- L'auto è quella color vino – specificai.
- Cosa succede? – si preoccupò lui.
- Se mai, cosa succederà – precisai. – Ma probabilmente lei per
allora sarà già tornato a casa o dove s stava dirigendo.
La macchina sulla quale Vania era salita sembrava puntare in
città; riconobbi lo stesso viale alberato percorso in mattinata, le stesse
ville in pietra di notevole bellezza, il grattacielo squadrato che alla sua
estremità si stagliava ritto al cielo come una sbarra traforata dalle tante
finestre che lo costellavano, una sorta di grosso rilevatore di temperatura che
succhiava dal cielo la luce esterna. Prima di giungere al semaforo svoltò a
destra, in una via fiancheggiata di palazzine moderne – perlomeno lo erano
state all'epoca nella quale vennero edificate. L'auto davanti a noi si fermò.
- Stop Here! – intimai al mio autista, che obbedì. Vidi da
lontano l'uomo e la ragazza scendere dall'auto, fermatasi in un posto
delimitato da spazi tracciati con la vernice, per poi dirigersi verso
l'ingresso di una
villetta a due piani.
- Okay – dissi all'autista. – Può andare. Grazie per il
passaggio.
Quello non se lo fece ripetere e si affrettò a togliersi dalla
visuale. Io feci una ripresa dell’auto nel parcheggio, della via e della
villetta. Poi mi avvicinai alla macchina dove fino a pochi istanti prima si
erano trovati a bordo i due da me seguiti. Era una Fiat con sulla targa
riportato l'anno di uscita: 2019, limitato alle ultime due cifre. Il cancello
della villetta era chiuso. Sulle targhette sopra le quali erano trascritti i
nomi degli inquilini nessun nominativo era di etnia straniera. Tolsi di tasca
lo smartphone per fotografare la schermata dei campanelli. Conclusa
l’operazione mi avvicinai alla parte laterale della casa, dove una finestra
inquadrava – seppure velata da una tenda – quello che doveva essere un
soggiorno.
I due si trovavano lì. Intravidi la ragazza sfogliare alcune
carte, dopodiché porgere all'uomo carte più piccole ma forse di valore più
grande perché si trattava di banconote. Quindi avvenuto lo scambio di fogli dei
quali non sapevo quali essere fra loro i più preziosi, notando che i due si
stavano separando mi spostai verso il retro della casa. Ma un tale dall'aspetto
poco rassicurante era fermo lì nei pressi, in pugno una pistola automatica di
colore scuro. Mi sembrò essere il compagno di Vania al ristorante
milanese.
- Stavi ficcanasando, vero? – disse con voce scura come la sua
pistola. – Vieni, entriamo in casa, così potrai vederci meglio.
Lo precedetti perché altro non mi era possibile fare. La porta
si aprì, e la ragazza mi vide e lo vide.
- Hans! Chi è costui? – chiese in italiano.
- Uno spione – la informò lui nella stessa lingua. – Hai
ottenuto il tutto?
Antonio Mecca