Un giudice popolare al maxiprocesso

Il docufil in onda il 3 dicembre su Rai Uno

Rai Uno ha mandato in onda giovedì 3 dicembre il docufilm "Io, un giudice popolare al maxiprocesso", diretto da Francesco Miccichè su soggetto di Simona Ercolani e sceneggiatura di Pietro Calderoni e Ivan Russo. La vicenda narra del maxiprocesso che si svolse a Palermo dal 10 febbraio 1986 al 16 dicembre 1987 vedendo imputati 475 mafiosi che negli anni precedenti si erano resi responsabili di centinaia di uccisioni e crimini verso le persone e l'ambiente, ammazzando, imponendo l'estorsione, spacciando droga nonché spacciandosi per uomini d'onore quando altro non erano che fior di farabutti patentati. 
Il processo: voluto da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino all'indomani degli assassinii di Giuseppe Montana e Ninni Cassarà, entrambi funzionari di polizia con il grado di commissario, si svolse in 349 udienze e vide come giudici togati Pietro Grasso e Alfonso Giordano, con la presenza di sei giudici popolari: quattro donne e due uomini, che passarono 35 giorni in camera di consiglio prima di tornare nell'aula di tribunale e leggere i risultati della sentenza da essi stilata. 
Fra i processati, Michele Greco soprannominato il Papa, Luciano Leggio soprannominato Liggio, Giuseppe Calò soprannominato Pippo. Tramite il personaggio inventato di Caterina, un'insegnante che viene scelta come giudice popolare nonostante il parere contrario del marito e del figlio, e nella quale confluiscono tre delle donne giudice, si narra la vicenda che nella seconda metà degli anni Ottanta portò al maxiprocesso. Girato nella vera sala dove il processo si svolse, e nella sezione dove i giurati alloggiarono, il docufilm alterna la cosiddetta fiction con interviste agli autentici protagonisti della vicenda, tra i quali il giudice Alfonso Giordano, che nel film è interpretato da Nino Frassica, un attore che quasi sempre lo si vede in ruoli comici fra i quali quello del maresciallo Cecchini in "Don Matteo" è di certo il più noto. 
Qua da maresciallo è stato promosso a giudice, e il ruolo a lui affidato è stato ben interpretato dall'attore siciliano. La protagonista assoluta è però Donatella Finocchiaro, attrice nata a Catania che al suo attivo ha numerose interpretazioni fra cinematografiche, televisive e teatrali. Fra queste ultime due, la versione televisiva della commedia di Eduardo "Questi fantasmi", interpretata e diretta da Massimo Ranieri con l'attrice nel ruolo di Maria, moglie di Pasquale Lojacono. 
In questo docufilm Donatella Finocchiaro è una classica donna del Sud che mescola alla propria dolcezza di fondo una forte determinazione venuta a galla che la porta ad andare avanti nonostante le inevitabili paure che non può non provare e le minacce più o meno velate a cui deve far fronte ogni giorno, perché la mafia è un fenomeno di fronte al quale è difficile tenere la fronte alta, e infatti molti siciliani preferiscono fingere di non vedere né sapere. 
Ebbene questo processo non volse lo sguardo da un'altra parte, ma svolse il proprio lavoro con serietà e onestà, appartenendo sia i giudici togati sia quelli popolari fra i migliori della loro categoria, visto che i loro predecessori avevano rifiutato di presiedere il processo adducendo vari motivi, perché timorosi di essere bersaglio di ritorsioni mafiose. 
Quando Caterina, nel film, si vede rifiutare da un fruttivendolo che ben conosce la vendita di alcune verdure che intende acquistare, o in seguito riceve altri sgarbi, grida risentita alla gente che la osserva che sembra quasi che la mafia a loro faccia piacere. 
Il comico Pierfrancesco Diliberto detto Pif in un programma televisivo realizzato a Palermo al fianco di Fabio Fazio si scagliò contro l'ipocrisia di quei suoi conterranei ai quali ai tempi di Borsellino e Falcone sembrava dare loro fastidio il continuo sfrecciare di auto della polizia con gli uomini di scorta.
Un po' come adesso che a non pochi imbecilli dà fastidio la sirena delle autoambulanze che loro giudicano girare a vuoto per le vie cittadine, dove - sempre secondo loro - il virus non esisterebbe. E poi c'è stato chi: nel 1978, ha deciso di chiudere i manicomi. Altro che chiuderli: ne andrebbero aperti altri!
Purtroppo, non si può fare a meno di notarlo, il nostro Sud ha fra le cose negative anche quella cosa che qualcuno ha soprannominato Cosa Nostra, dove l'arte diabolica del crimine si è unita in associazioni a piramide dove al cui vertice sta, di volta in volta, un boss e sotto di lui i vari bossoli che serviranno per colpire i nemici.
Sciascia affermava di non essere convinto dell'esistenza di un unico capo, bensì di vari capi e associazioni che a volte erano in temporanea pace fra loro ma molto più spesso in sanguinosa lotta. Un distorto senso dell'onore ha fatto sì che molti giovani ne abbiano subito il malefico fascino, mentre il reale uomo d'onore è nient'altro che un assassino e prepotente che impone la propria arroganza e violenza nei confronti di poveri cristi che vorrebbero soltanto vivere in pace con i proventi del loro onesto lavoro. Per cui, il film diretto da Francesco Miccichè è stato un ottimo lavoro che i suoi bravi interpreti hanno saputo ben rappresentare, e che la brava e bella Donatella Finocchiaro (laureatasi in giurisprudenza all'università della sua Catania) ha saputo rendere con incisività al meglio della sua bravura di attrice. 

Antonio Mecca

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