La lunga dynasty di Esselunga

di Folco Portinari*

È la 23esima azienda Italia per fatturato, la prima nel settore della grande distribuzione, ha 150 punti vendita e l'8,7% del mercato tricolore del settore alimentare; vale tra i 4 e i 7 miliardi di euro, a seconda delle stime.
È l'Esselunga, nata nel 1957 a Milano, in viale Regina Giovanna, dietro Porta Venezia, per iniziativa del finanziere statunitense Nelson Rockefeller. Nome iniziale: Supermarkets italiani, con una S molto lunga nel logo. Da qui il nome poi assunto di Esselunga.
Tra i (pochi) soci italiani iniziali di ampia minoranza nell'avventura di Rockefeller anche un 32enne Bernardo Caprotti, famiglia di industriali tessili, che ben conosceva gli Stati Uniti per avervi passato un anno nel 1951 a studiare l'industria cotoniera.
Da allora di acqua ne è passata sotto i ponti: ci vorrebbero molte rubriche per raccontare come il Caprotti diventò il proprietario di Esselunga, con tanto di liti con familiari ed (ex ) amici. E molte altre ancora per raccontare le lunghe dispute con il figlio Giuseppe. E almeno un paio per la cronaca giudiziaria scatenata con e dal mondo cooperativo intorno al libro autobiografico Falce e carrello, presentato nel 2007 a Milano con il principe del giornalismo italiano, Ferruccio de Bortoli.
Poi il patron, a quasi 91 anni, scompare, nel 2016. Ampia letteratura giornalistica sul testamento, inclusi i 75 milioni e i due quadri famosi alla storica assistente.
E, la scorsa settimana, l'avvio dell'ultimo capitolo della saga ultrasessantennale: i figli di primo letto Giuseppe e Violetta fanno partire le procedure per la vendita del loro 30%; dall'altra parte la seconda moglie Giuliana Albera con la figlia Marina (70%). Compreranno queste ultime? Oppure Esselunga sarà quotata? Chissà.
La vera eredità di Bernardo Caprotti è però un'altra. Avere permesso agli italiani (del nord) di  avere una cultura moderna di supermercati in anticipo rispetto a molti altri Stati europei. Assieme all'amore per l'arte, vissuto in modo privato ma non solo: note le sue molte e preziosissime donazioni a pinacoteche celebri, tra cui la la Pinacoteca per antonomasia: la meneghina Brera.
 
 Banchiere fiorentino del XIII secolo. Padre di Beatrice, musa ispiratrice di Dante Alighieri

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