IL RISORGERE DEL MALE 10

Sorvegliare la villa dei coniugi Lombain nel Connecticut non era cosa facile. Non ci si poteva di certo piazzare con la macchina di fronte al cancello e aspettare che Miss Gracida uscisse o rientrasse. Però la strada che conduceva ad Hartford, la capitale, offriva la possibilità di restare parcheggiati non lontano dall’edificio in attesa che dal cancello uscisse l’auto con a bordo la vedova. Sperando di non venire notato da un’auto-pattuglia della polizia, mi accinsi all’attesa. Quello che nel mio mestiere non è pericoloso è, al contrario, noioso. E dei due, non so quale sia il peggio. Comunque fosse, nessuno mi aveva obbligato ad intraprendere quella professione, né a continuarla. Tranne ovviamente, in quest’ultimo caso, la scomparsa del mio collega e amico Philip Raymond. 
Ero arrivato nei pressi della villa alle sette del mattino. Il traffico sulla Statale era scarso, qualche furgone del latte o del pane o di qualche vicina fattoria più che altro. 
Fingevo di leggere una mappa stradale, sempre nel caso che qualche poliziotto mi si accostasse per ficcanasare. In realtà avevo spesso l’occhio puntato sullo specchietto retrovisore, a sorvegliare l’ingresso della villa trecento metri più in là. Finalmente, intorno alle nove, il cancello della villa si aprì elettronicamente e un’auto verde di media cilindrata puntò il suo muso nella mia direzione. Affondai il mio di muso nella cartina, mentre osservavo dallo specchietto retrovisore l’auto che si stava avvicinando. Al volante c’era Gracida Lombain. Occhiali da sole scuri, capelli dello stesso colore e lucentezza, rossetto sulle labbra di un rosso intenso. 
Mi passò accanto e io rimasi fermo fino a quando l’auto non fu scomparsa all’orizzonte. Dopodiché gettai la cartina sul sedile accanto, accesi il motore e premetti sull’acceleratore a tavoletta. Ben presto rividi l’auto verde scuro della compagna dello scrittore e decelerai. Filammo lungo la strada per una mezz’ora circa, dopodiché Gracida svoltò a destra in una strada più stretta. Rallentai per svoltare a mia volta. Rimasi su quella bassa velocità fino a che l’auto che mi precedeva si fu trasformata in un puntino scuro tipo quelli che si trovano alla base di un punto interrogativo. L’interrogativo che mi stavo ponendo da giorni riguardo il caso che vedeva coinvolti Phil, Ed e la moglie. Quando il puntino si fece nuovamente più grosso perché l’auto si era fermata, fermai a mia volta e scesi dall’auto. Proseguii a piedi. Mano a mano che procedevo, potevo intravedere una grande costruzione in legno bianco simile a una chiesa. C’erano diverse auto sullo spiazzo e molta gente in attesa. 
Gracida non si scorgeva; in compenso potevo distrarmi con il centinaio di persone lì di fronte, in gran parte uomini. Gettai un’occhiata alle targhe delle auto presenti. Provenivano sia dallo Stato di New York sia da altri del resto dell’Unione, prevalentemente dal Sud. Anche l’accento di molti partecipanti a quello che a prima vista pareva un vero e proprio raduno era di stampo sudista. Avevano un fare gradasso tipico di chi oltre che i soldi possiede in tasca anche la verità assoluta. Stavano parlando del relatore che di lì a pochi minuti sarebbe intervenuto. Conveniva prendere posto.
Così un centinaio di persone, cominciarono ad accomodarsi all’interno di quella che pareva essere una chiesa di campagna. Li seguii, piazzandomi a metà della stanza provvista di un passaggio centrale che conduceva a un soppalco, simile a un altare, che ospitava un tavolo con dietro una dozzina di sedie, quasi dovesse accogliere i dodici apostoli e, al centro, posta su un rialzo, una sedia dall’alto schienale come se a presiedere dovesse intervenire Gesù in persona. Di lì a poco un campanello suonò con squillo imperioso, la sala diventò silenziosa, e una processione di incappucciati fece il suo ingresso. Pareva una delegazione del Ku-Klux-Klan, e quella infatti era. Prese la parola l’ospite della sedia centrale, un uomo alto e corpulento che così parlò: 
- Vi do il benvenuto ringraziandovi della vostra partecipazione. L’ora della riscossa si sta rapidamente avvicinando, amici e fratelli. È fondamentale l’appoggio dato da voi tutti affinché la vittoria finale sia piena e possa sconfiggere definitivamente il nemico di ogni libertà, il vile assassino di Cristo che oltre a Lui ha inchiodato alla croce la nostra stessa Società. Sono secoli che i giudei complottano ai nostri danni con la sudicia collaborazione di comunisti e di
negri, la parte più impura della Società. L’uomo che aveva più di tutti compreso la gravità della situazione è stato tradito e ha posto fine alla sua vita in un bunker di Berlino, ma l’opera da lui iniziata è stata interrotta solo temporaneamente, ed è ora ripresa su piccola scala per poi sempre più rapidamente espandersi nel nostro Paese e nel resto del mondo. Il sogno di una razza pura che elimini ogni impurità può ancora e deve realizzarsi. Non dobbiamo farci sottomettere da una razza promiscua col demonio, una razza che si è impadronita delle banche, delle industrie, del commercio. Una razza subdola che non conosce il significato delle parole fratellanza, amore, pietà. Una razza che ha sempre cercato di contaminare gli altri per succhiare loro il sangue. Una razza maledetta dalla quale è impossibile aspettarsi alcunché di buono.
Antonio Mecca