COSA È SUCCESSO ALLE POSTE

Le storie dagli uffici che sono rimasti aperti

L'attività degli uffici postali non si è mai fermata.
Rientravano, per il pagamento delle pensioni e non solo tra i servizi essenziali che non potevano chiudere.
A Milano ne sono rimasti aperti circa il 70%.
Si sono organizzati nel rispetto delle norme sanitarie con barriere di plexiglass, segnaletica per mantenere le distanze, gel e accessi contati.
I turni sono stati rivisti per cercare di coprire tutti gli uffici sparsi sul territorio.
Al di là del servizio offerto, però, sono tante le storie che quelle mura hanno visto e possono raccontare in questi mesi di chiusura.
Lo documenta un articolo del Corriere della Sera del 18 maggio che ha dato voce ai direttori di alcuni uffici.
Una caratteristica comune ad altri esercizi del cliente in epoca covid-19 è la paura.
Quindi è stato importante, per il personale, imparare a rassicurare le persone sulle procedure da seguire all'interno degli uffici.
Agli sportelli, poi, tante storie diverse.
C'era chi spediva medicinali a familiari lontani che non potevano uscire di casa o genitori che spedivano pacchi con mascherine e guanti ai figli rimasti in altre città per motivi di studio.
In molti hanno detto che la situazione di emergenza ha messo in luce un ruolo quasi "assistenziale" del personale delle poste.
È accaduto, ad esempio, quando ci si è resi conto che le mascherine erano indossate poco o erano assenti del tutto perché merce introvabile.
Alcune persone entravano con protezioni di fortuna.
In quel caso è scattata la solidarietà del donare una o più mascherine a chi ne aveva bisogno.
L'assistenza più utile, però, è stata destinata agli utenti della terza età.
Molti, infatti, continuavano a rivolgersi allo sportello per operazioni che, negli anni, erano diventate possibili anche in maniera automatica.
Gli operatori hanno così provveduto a spiegare "come si fa".
I momenti più delicati da gestire sono stati quelli di familiari che andavano in posta con la procura di una persona cara finita in ospedale.
In questi casi il fattore umano ha giocato un ruolo fondamentale.
L'attività degli uffici postali non si è mai fermata.

Rientravano, per il pagamento delle pensioni e non solo tra i servizi essenziali che non potevano chiudere.
A Milano ne sono rimasti aperti circa il 70%.
Si sono organizzati nel rispetto delle norme sanitarie con barriere di plexiglass, segnaletica per mantenere le distanze, gel e accessi contati.
I turni sono stati rivisti per cercare di coprire tutti gli uffici sparsi sul territorio.
Al di là del servizio offerto, però, sono tante le storie che quelle mura hanno visto e possono raccontare in questi mesi di chiusura.
Lo documenta un articolo del Corriere della Sera del 18 maggio che ha dato voce ai direttori di alcuni uffici.
Una caratteristica comune ad altri esercizi del cliente in epoca covid-19 è la paura.
Quindi è stato importante, per il personale, imparare a rassicurare le persone sulle procedure da seguire all'interno degli uffici.
Agli sportelli, poi, tante storie diverse.
C'era chi spediva medicinali a familiari lontani che non potevano uscire di casa o genitori che spedivano pacchi con mascherine e guanti ai figli rimasti in altre città per motivi di studio.
In molti hanno detto che la situazione di emergenza ha messo in luce un ruolo quasi "assistenziale" del personale delle poste.
È accaduto, ad esempio, quando ci si è resi conto che le mascherine erano indossate poco o erano assenti del tutto perché merce introvabile.
Alcune persone entravano con protezioni di fortuna.
In quel caso è scattata la solidarietà del donare una o più mascherine a chi ne aveva bisogno.
L'assistenza più utile, però, è stata destinata agli utenti della terza età.
Molti, infatti, continuavano a rivolgersi allo sportello per operazioni che, negli anni, erano diventate possibili anche in maniera automatica.
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In questi casi il fattore umano ha giocato un ruolo fondamentale.


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