Se il centro di Milano non ci appartiene più

Coloro che conoscono un po’ di storia meneghina ma anche chi non è troppo attempato come il sottoscritto, sanno e ricordano che il centro di Milano, fino a non troppi anni fa, era un continuo brulicare di persone, di giorno e di sera.

Un incessante viavai di gente che per secoli ha contribuito a rendere Milano celebre in Italia e all'estero. Stendhal, James, Dickens, Melville, Verga e altri illustri scrittori, stranieri o italiani, hanno lasciato numerose testimonianze del proprio viaggio qui da noi, con una nota di riguardo per la festosa e coinvolgente atmosfera serale del centro storico.
Partendo dalle botteghe popolari delle vecchia Corsia dei Servi, attraverso gli storici caffè letterari della Galleria, fino ai teatri e ai cinema, il cuore della città ha sempre svolto il ruolo di una seconda casa per noi milanesi, soprattutto dopo il tramonto.
Poco tempo fa, discorrendo con un amico, mi è stata posta una domanda rivelatrice nella sua allarmante semplicità: - Perché dovrei andare in Vittorio Emanuele la sera?
La risposta è stata tanto ovvia quanto cruda: non esiste motivo per recarsi in centro perché dopo una certa ora è tutto chiuso.
Oramai, Il salotto di Milano, ma qualificarlo ancora come tale risulta ridicolo oltre che penoso, e l’adiacente C.so Vittorio Emanuele, considerati e trattati negli ultimi anni alla stregua di un mega store per turisti, hanno definitivamente solennizzato l’evidenza: dopo una certa ora si tira giù la claire.
Una trasformazione avvenuta sotto i nostri occhi che ha condotto all'unica conclusione possibile. Il centro città non ci appartiene più.
Ridotti a comparse in un patinato spot pubblicitario per l’estero, in nome di un turismo commerciale, che con inarrivabile superbia e altrettanta ignoranza ha affibbiato un prezzo alle tradizioni, al decoro e alla dignità di un luogo, siamo scivolati dolcemente, quasi senza accorgercene, fuori da casa nostra.
Non vi è spazio per il dubbio; i grandi marchi della moda, la Lego e il futuro Apple store, contribuiscono e contribuiranno a far giungere la gente a frotte qui da noi esattamente come nelle altre grandi città dove i centri urbani stanno clonandosi con DNA di matrice aziendale. Così, con la scomparsa di folklore e peculiarità nostrane, Stendhal, non potendo gustare e celebrare la sua adorata e milanesissima barbaiada, si limiterebbe a descrivere la sottile differenza della schiuma nel caffè tra lo Starbucks (da notare come nel correttore automatico di Microsoft World sia inclusa la parola Starbucks, naturalmente maiuscola) di Grenoble e quello di Milano, in procinto di arrivare a breve al Cordusio (termine ignoto al medesimo correttore) e futuro artefice della piantumazione di Piazza del Duomo con palme e banani, con tanto di benedizione da parte della nostra soprintendenza, probabilmente sotto l’effetto di troppa caffeina quando ha rilasciato il benestare. Melville non si soffermerebbe a descrivere la graziosa varietà delle nostre botteghe ma acquisterebbe la solita biancheria intima per la sua signora da H&M. Ma in compenso, Henry James trarrebbe una gran fonte di ispirazione per uno dei suoi terrificanti racconti dallo spettrale e sinistro deserto umano che piomba su Vittorio Emanuele al calar del sole.
Carichi come somari di borse tracimanti capi d’abbigliamento, gli stranieri forse neanche notano la medievale piazza Mercanti cadere a pezzi. Non lo notiamo neppure noi. E la panacea per ogni male, dato che gli enti locali piangono perpetua miseria, pare sia sempre l’intervento privato: un terreno delicato e aleatorio dove il confine tra libera concorrenza e svendita del proprio patrimonio culturale è fin troppo sottile. Un confine che abbiamo già oltrepassato da tempo, notato da pochi e taciuto da molti.
Forse un giorno ci spingeremo così oltre da vendere l’intero ottagono della nostra Galleria per farci un grande centro commerciale o un hotel con casinò e spa. Vedo già la pubblicità: Regalati un’esperienza di soggiorno unica nel Salotto di Milano.
Intanto, è già da un pezzo che i milanesi nel loro salotto non possono accomodarsi e Dio non voglia che qualcuno abbia già pensato al suddetto progetto o che siano le mie parole a insinuare il bislacco proposito. Forse dovrei depositare l’idea.
Riccardo Rossetti

L'INGLESE CANTANDO

Milano in Giallo

di Albertina Fancetti, Franco Mercoli, Alighiero Nonnis, Mario Pace
EDB Edizioni

Com'è bella Milano

di Albertina Fancetti
EDB Edizioni

L'Osteria degli Orchi

di Albertina Fancetti
EDB Edizioni