DALLA FINESTRA - 4

Ricordando Peppino

Nel 1961 la RAI mandò in onda otto originali televisivi in un atto della serie "Peppino al balcone", protagonista e coautore: insieme al figlio Luigi, a Bruno Corbucci e a Gianni Grimaldi degli episodi realizzati. 
In questo 25 aprile poco o per niente celebrato per via della pandemia, anch'io mi sento un po' come il grande attore napoletano quando mi affaccio alla finestra della mia camera con vista (tanto per citare un autore sopraffino). I ricordi provenienti dal passato - da quel passato - inevitabilmente ce lo fanno apparire in una luce che al confronto con quella sinistra dei giorni nostri ci appare smagliante. De Filippo è stato di certo surclassato dalla figura del fratello Eduardo, con il quale non andò mai veramente d'accordo e che fu causa di separazione artistica nei primi anni Quaranta, quando ciascuno dei fratelli formò una propria compagnia. Si può solo ipotizzare il perché di tutto questo. Eduardo era probabilmente geloso della capacità naturale del fratello di suscitare il riso da parte del pubblico, e glielo faceva pesare durante le prove, tanto che a un certo punto Peppino - al grido di "Duce! Duce!" - se ne andò lasciandolo solo! A tutto c'è un limite! Peppino formò così una propria compagnia teatrale sfornando molte commedie, e soprattutto girando moltissimi film, spesso al fianco di Totò. Eduardo al cinema, pur girando parecchi film soprattutto negli anni '50, dopo avere acquistato nel 1948 a Napoli il teatro San Ferdinando disastrato dai bombardamenti, aveva bisogno di molti soldi per ristrutturarlo, ma nel cinema non ebbe mai occasione di rifulgere, sebbene come giustamente ebbe modo di dire: "Io mi sono impegnato". E vari film stanno a dimostrarlo, come gli splendidi "Ferdinando I di Borbone re di Napoli", "L'oro di Napoli", "Fantasmi a Roma", "Tutti a casa". Inoltre lui rispetto al teatro del fratello era più profondo, faceva ridere per sottrazione più che per aggiunzione, e negli ultimi anni della sua carriera spesso gli bastava uno sguardo e una luce negli occhi per divertire, specialmente nel teatro televisivo, dove l'utilizzo accorto della telecamera era in grado di dare al pubblico la giusta dimensione del suo lavoro attoriale. 
Ecco: una finestra può suggerire anche questo, se non è la "Finestra sul vuoto" dell'omonimo romanzo di Raymond Chandler, la quale stava a significare l'orrore dovuto a un omicidio commesso.                    

Antonio Mecca


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