Giallo a Verbania 2

- Si è già recato alla polizia?   

Fece un sorriso che stava a metà fra il sarcastico e il compassionevole.

- Hanno provveduto a interrogare l’albergatrice e il personale di servizio, più alcuni ospiti che hanno avuto modo di conoscerlo. Non avendo trovato nulla, credo ci abbiano messo una pietra sopra. Una pietra tombale, che aspetta soltanto la scoperta del cadavere per lasciarsi incidere sopra nome, data di nascita e di morte. 

Si interruppe nuovamente.

- Lei vorrebbe quindi che fosse un detective privato ad assumere l'incarico di ricercare suo figlio Tom? E perché proprio il sottoscritto?

- Ho effettuato una ricerca relativa agli investigatori privati italiani del Nord Italia ed è saltato fuori il suo nome, signor Solmi, perché lei ha già risolto due casi a Verbania.

Non c’è due senza tre, pensai. Dissi, invece: - Mi parli di suo figlio, mostrandomi anche una sua foto. Fece di meglio, mostrandomi un video dallo smartphone che ritraeva Tom proprio a Verbania. La sua voce giovane, nasale come quasi tutte le voci americane, salutava i genitori con contagiosa allegria, sorridendo fiducioso all'obbiettivo della videocamera e all’obiettivo che si era prefissato di raggiungere nella sua esistenza. Aveva un libro in mano, il cui titolo italiano recava la parola “Case…” stampata in bianco su sfondo azzurro. Il resto del frontespizio era coperto dal suo braccio. Quel poco di inglese che conoscevo mi fece capire che il ragazzo parlava ai suoi genitori dell'Italia e ne parlava con affetto. La chiacchierata a senso unico durò due minuti, dopodiché si interruppe.

- È stato l'ultimo suo video – disse l'uomo, - inviatoci il giorno prima della sua scomparsa, avvenuta il 17 ottobre. E con lui è scomparso anche il suo telefono.

- Qualcos’altro? Abiti, oggetti personali, denaro…

- La sua stanza riportava credo tutto i suoi effetti personali, nonché una carta di credito rilasciata dall'American Express. Gli rivolsi svariate altre domande dalle cui risposte appresi che Thomas, Tommy o Tom che dir si voglia era un ragazzo un po’ strano, amante della solitudine e della lettura, laureato in architettura con una tesi su Andrea Palladio, del quale avrebbe in seguito visitato la casa a Vicenza, sua città natale. Tornato poi a Los Angeles sembrava che la: UCLA: l'università della California, gli avrebbe offerto la cattedra di insegnante, un lavoro che Tom sperava temporaneo perché intenzionato a diventare un architetto famoso come Wright o Le Corbusier. O Palladio, appunto.

- Quando si è molto giovani si è anche molto ambiziosi – sembrò giustificarlo lui.

- Già – dissi. Io non lo ero mai stato troppo. E il risultato era quello che si poteva vedere: ufficio modesto sinonimo di professione modesta e di conto in banca modestissimo. -Va bene, mister Anders - dissi. - Accetto l'incarico se anche lei accetta le mie condizioni, che poi sarebbero le seguenti: trecento euro al giorno, più le spese. Lui annuì.

- Sì. Per me va bene. Quando può iniziare?

- Da questo momento. Ho bisogno di una foto di suo figlio e inoltre del video del suo smartphone, da riversare nel mio. Lui tolse di tasca il suo cellulare e chiesto il numero del mio provvide a inviarmi il filmato. Pescò dal portafogli una foto che ritraeva il figlio a mezzo busto. Indossava una maglietta differente da quella che aveva avuto indosso nel filmato, ma il suo sorriso era lo stesso: bello e contagioso. Quindi compilò un traveller cheque relativo alla somma di 1500 dollari, lo firmò, ne strappò il foglietto all'altezza della matrice e me lo consegnò.

- Ecco, mister Solmi. Le auguro buon lavoro.


Antonio Mecca

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