GUIDO MARTINA IL CAPOSTIPITE DELLA SCUOLA DISNEY ITALIANA

Leggere o rileggere vecchie storie a fumetti può farci beneficiare di un tuffo rigenerante nel passato per poi risalire in superficie ripuliti dall'orrendo presente che tutti noi stiamo vivendo. Di recente la Casa editrice Panini sta pubblicando alcuni classici di Topolino e Paperino dedicati ai maestri italiani Disney. Guido Martina è stato indubbiamente l'autore più rappresentativo, con al suo attivo oltre 1000 storie a partire dal 1948 con "Topolino e il cobra bianco", per poi proseguire fino al 1991, anno della sua morte avvenuta a Roma il sei maggio. 
Guido Martina nato a Carmagnola, cittadina a trenta chilometri da Torino, il 9 febbraio 1906, si trasferisce nel capoluogo piemontese nel 1922 quando la famiglia decide di farlo, negli ultimi anni dell'adolescenza del ragazzo. Per qualche tempo Guido Martina fece l'insegnante, come il padre che era docente liceale; poi nel 1928 vinse il secondo premio per una rivista teatrale goliardica indetta dal GUF: giovani universitari fascisti, il cui titolo era: "La corte dei miracoli", in coppia con un certo Micheletti. Nei primi anni Trenta fu giornalista alla Gazzetta del Popolo, per poi trasferirsi per alcuni anni a Parigi. Scrisse testi per le rubriche radiofoniche dell'EIAR, la RAI di allora, tra le quali la celebre rivista "I quattro moschettieri". Come ufficiale si imbarcò nell'avventura meno esaltante della guerra di Libia, per poi - a conflitto finito - venne internato nel campo di concentramento in Austria. Quindi, fece ritorno a casa a piedi. Nel 1945 scrisse e pubblicò il romanzo "Tramonto a Est", e gli venne affidata la direzione del giornale umoristico "Fra' diavolo", dove tenne una rubrica. Contattato dalla Mondadori, si diede alla traduzione e all'adattamento italiano delle storie americane della Disney, ma quando queste si rivelarono insufficienti per riempire le pagine del giornale, gli venne chiesto di idearne e scriverne di proprie. Cosa che fece dedicandosi anche alle grandi parodie dei classici, della quale la prima fu "L'inferno di Topolino", un viaggio di Topolino nell'inferno dantesco accompagnato da Pippo-Virgilio. Martina scrisse i versetti in rima, e la storia conobbe enorme successo, apprezzata anche dallo stesso Walt Disney, che gli permise di inserire il suo nome, cosa questa che avrebbero dovuto trascorrere molti anni ancora prima che gli autori delle storie potessero vedere apparire il loro nome. Fu poi anche colui che ribattezzò con nomi italiani Paperon de' Paperoni, Archimede Pitagorico, la banda Bassotti. Le grandi parodie proseguirono con altre piacevoli storie come: "Paperino Don Chisciotte", "Paperopoli liberata", "Paperino di Bergerac". Ma il vulcanico Martina non si limitò ai personaggi Disney. Sempre in quel 1949 che vide apparire "L'inferno di Topolino" ecco apparire anche un personaggio come Pecos Bill, che furoreggiò fino al 1955 con ben 165 albi. Parallelamente scrisse sceneggiature per fotoromanzi, fu uno degli autori della prima Tv dei ragazzi, scrisse storie anche per la serie Cucciolo e Tiramolla. Alla fine degli anni '60 qualcuno della Casa Editrice Mondadori ebbe l'idea di parodiare i personaggi neri a fumetti quali Diabolik, e Martina scelse di trasformare Paperino in Paperinik. Poi, nel 1969, scelse anche di trasferirsi a Roma per collaborare con la Casa editrice Lancio. Scrisse ancora, per la Mondadori, 11 dei 24 volumi dell'enciclopedia Disney, in collaborazione con la moglie. Negli ultimi anni la sua vena poetica si era un po' appannata a causa dell'età ma anche di un certo cinismo nei confronti di certe categorie di persone, quali ad esempio gli scioperanti che venivano descritti come felici per il fatto di non lavorare, tanto che alcuni disegnatori famosi come Giovan Battista Carpi e Romano Scarpa rifiutarono più volte di disegnare le sue sceneggiature, oppure ne rimaneggiarono il testo. Resta però il fatto che Guido Martina ha dato una precisa impostazione alle storie della scuola Disney italiana poi ripresa da diversi suoi allievi, dove la violenza tutta americana dei personaggi, caratteristica della violenza primigenia di quella grande nazione che lo scrittore James Ellroy asserisce non essere mai stata innocente, viene trasformata e sformata in una comicità aggressiva da comiche finali tipo Chaplin e Laurel & Hardy. L'aggressivo stiletto americano viene mutato in stile, e persino i tratti violenti, quasi antipatici per quanto sono aggressivi ammorbiditi in una piacevolezza stilistica tutta neoclassica, e quindi anche le sceneggiature mutate in una saga dove persino i personaggi negativi come la banda Bassotti non presentano più tratti truculenti, così che chi le guarda e le legge può illudersi dell'esistenza di un mondo parallelo dove la bontà dovuta alla buona fantasia ha sconfitto il male dovuto alla fantasia di nullità che proprio per questo essere - o non essere? - hanno finito per distruggere se stessi e il mondo reale. 
Antonio Mecca

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