HTCHCOCK: QUANDO IL CINEMA DIVENTA ARTE

Quest'anno ricorrono due anniversari: quello della morte di Alfred Hitchcock avvenuta nel 1980, e quello della nascita: sullo schermo, di uno dei suoi film più celebri e celebrati: "Psyco", uscito nel 1960

Hitchcock, nato a Londra il 13 agosto 1899, è approdato a Los Angeles nel 1939, dopo avere diretto nella madre patria dal 1925 al 1940 ventitré film, nove dei quali muti. Invece dal 1940 al 1976, da "Rebecca" a "Complotto di famiglia", i film americani sarebbero stati trenta.
La sua era una famiglia di estrazione modesta, ma è proprio da questo tipo di famiglie che l'estrazione talvolta garantisce oro giallo od oro nero, perché le difficoltà dell'esistenza stimolano spesso una grande inventiva. Alfred era il terzo figlio della coppia, un bambino timido e goffo che disdegnava i giochi fra coetanei preferendo a questi l'osservazione dei caratteri, che poi finiranno da adulto, a rivestirlo di un carattere che si poté definire anche un caratteraccio.
Assunto alla Henley Telegraph e Cable Company come misuratore dei cavi elettrici, si avvale in seguito della sua bravura di disegnatore per lavorare all'ufficio pubblicità. Inoltre, per la rivista aziendale scriverà racconti. A partire dal 1920 disegnerà titoli e didascalie di film muti. Dal 1923 al 1925 è tuttofare per la Gainsborough Pictures: scenografo, montatore, sceneggiatore, aiuto regista. Conosce una brava montatrice: Alma Reville, che sposerà nel 1926 e dalla quale due anni dopo avrà la sua unica figlia: Patricia, attrice talvolta nei film diretti dal padre. Così come fu per altri due illustri artisti inglesi: Charlie Chaplin e Stan Laurel, anche per lui sarebbe stata l'America a offrirgli le migliori opportunità per quanto riguarda la professione e il benessere economico, garantitagli la prima dai mezzi messi a sua disposizione e il secondo dai vantaggiosi contratti stipulati con le Major californiane. Nel 1945 girerà un documentario sull'Olocausto basato sul famigerato campo di concentramento di Bergen-Belsen, dove trovarono la morte fra tanti altri anche le due sorelle Frank: Margot e Anne. Il film, intitolato "Memorie dei campi", si preferirà non distribuirlo per non guastare i futuri rapporti con la Germania. Salterà fuori soltanto decenni dopo, a morte del regista avvenuta, e reso quindi finalmente visibile. Il periodo d'oro del grande regista angloamericano fu il decennio dei Cinquanta, durante il quale realizzò capolavori come "Delitto perfetto", "La finestra sul cortile", "Intrigo internazionale", "Stranieri in treno". In quest'ultimo lo sceneggiatore originario (e originale) fu Raymond Chandler, con il quale però non vi fu un buon rapporto, così come non ci sarebbe stato oltre dieci anni dopo con il già citato Evan Hunter per le sceneggiature de "Gli uccelli" e "Marnie". Hitch non sembrava amare molto Hunter, e questi nel 1996, a dieci anni dall'uscita di "Complotto di famiglia", ultimo film del regista, si vendicò scrivendo il libro di memorie "Me and Hitch", anteponendo il proprio pronome personale al nome del regista perché - come ebbe a dire ben poco elegantemente - "Dal momento che lui era morto, volevo essere io il primo in cartellone". Come quasi tutti i geni anche Hitch aveva un carattere forte che non si può non definire caratteraccio, e che lo faceva spesso comportare in maniera ambigua e ingiusta. Essendo brutto e sgraziato fisicamente, riversava il il suo interesse sulle attrici, in un rapporto da padre padrone. Fra di esse prediligeva le bionde algide, in primis Grace Kelly, che una volta ritiratasi dalle scene fu costretto a sostituire con Eve Marie Saint (Intrigo internazionale), Janet Leigh (Psyco), Tippi Hedren ("Gli uccelli", "Marnie"). Gli interpreti maschili che invece prediligeva erano James Stewart e Cary Grant. 
Dal 1955 al 1962 Alfred Hitchcock diresse anche venti dei 268 telefilm della serie "Alfred Hitchcock presenta", ciascuno di essi preceduto da una sua ironica presentazione. Non vi è dubbio alcuno che il regista anglo-americano fu un grande maestro del Cinema, capace di idee innovative per quanto riguarda il dosaggio della suspense e l'utilizzo della macchina da presa, maestro indiscusso nell'uso degli obbiettivi e sul dove piazzare la cinepresa per meglio spiazzare lo spettatore. Perché a lui interessava più che il giudizio (che spesso è un pregiudizio) del critico militante il plauso dello spettatore pagante, vero termometro del successo o meno di un film. Hitchcock fu anche molto abile nell'apparire pressoché in ogni suo film, nei trailer loro riguardanti o in interviste che ne esaltavano il personaggio. Se non tutti i suoi lavori hanno ancora visibile il segno che a suo tempo avevano lasciato, molti altri invece si lasciano rivedere e gustare perché la classe non è acqua. 

Antonio Mecca

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