IL GIOCOLIERE DELLA LETTERATURA 31

Il Vecchio si chiamava Dupont, non era calvo come una boccia di cristallo che non intravedesse alcun futuro (per lo meno riguardo i suoi sottoposti che spediva in missioni dalle quali era difficile fare ritorno) e non era neppure tanto vecchio, visto che non arrivava ai sessant’anni. Non arrivava neppure al metro e sessantacinque, e sebbene quando era seduto non lo si notasse, una volta in piedi invece sì. Quando Georgel lo chiamò perché desiderava parlargli lui non si fece pregare, e il suo collaboratore: vale a dire sottoposto, fu quindi libero di salire al suo Sancta-Sanctorum situato al terzo nonché ultimo piano.

- Aventi! – rispose la voce del Boss al suono delle nocche della mano del commissario sul legno della porta.

Questi entrò nell’ufficio, una stanza bene arredata sebbene non in maniera lussuosa. Dupont sedeva dietro la sua scrivania di mogano scuro, che Georgel pensava fosse il legno adatto per ricavarci una bara dopo avere tagliato il nastro di arrivo del suo finale di partita.

- Prego, commissario, accomodatevi. Avete novità da raccontarmi?

- Sì, Capo. Ho scoperto dove i due delinquenti che hanno derubato Darc si sono rifugiati: ad Amsterdam.

Tacque per dare tempo a Dupont di potere manifestare la sua sorpresa. Ma non essendo calvo come un uovo di Pasqua, di questo non aveva nella testa neppure sorpresa alcuna. Era di quelle uova al cui interno si trovava il vuoto. Così perlomeno pensavano i suoi dipendenti.

- Be’… è già un passo avanti – disse il capo. – Cosa intendete fare?

- Ecco: pensavo di recarmi dapprima dallo scrittore, all'ospedale dove è ricoverato, accompagnato da un

disegnatore della polizia affinché possa tracciare un identikit il più vicino possibile all’identità dei due farabutti. E poi, con questo ritratto sottobraccio, raggiungere a mia volta Amsterdam.

- Non avete pensato che dando un’occhiata al casellario avreste avuto la possibilità di pescare le foto

segnaletiche di quei due? Perché possono essere stati, se non arrestati, perlomeno fermati per qualsiasi

altra motivazione: prostituzione, spaccio di droga, furto, rapina…

Georgel ammise di non averci pensato.

- Inoltre – proseguì il suo capo, - perché hanno scelto proprio la capitale olandese? Non certo per amore  dei tulipani, bensì perché lì si trova un altro fiore che attira molti imbecilli: il papavero, dal quale si ricava una sostanza qui da noi vietata.

- Sì: questo l’ho pensato anch'io – mentì Georgel.

- Vuol dire che abbiamo pensato all’unisono.

Basta che non fosse l'unicorno, che uno più uno formavano due corna, cosa questa di cui Georgel avrebbe volentieri evitato.

- Va bene, allora: andate a dare un’occhiata al casellario selezionando le persone giovani fermate più o meno di recente, cercate fra loro delle corrispondenze con quei due e poi con delle copie fatte loro tornate dallo scrittore. Fatevi aiutare da Mignon, se è disponibile, e alla fine fatemi sapere qualcosa.

Quello aveva tutta l'aria di essere un congedo, e difatti lo era, per cui Georgel che ci era arrivato da sé si alzò, salutò il Boss e rientrò nei propri ranghi. Giù al pianoterra si trovavano gli uffici della manovalanza alla quale lui apparteneva, e anche quello del grosso Mignon, un ossimoro fatto persona. Quando varcò la soglia del suo antro, il grassone era intento a leggere un quotidiano sportivo.

- E’ questo tutto lo sport che usi praticare? – lo derise Georgel.

- Ah, sei tu? Che novità mi porti?

- Il Capo ha richiesto il tuo prezioso contributo nei miei confronti non meno preziosi. Dobbiamo recarci all'ufficio indiziati alla ricerca di giovani criminali fermati più o meno di recente che possono corrispondere ai due sequestratori del povero signor Darc. Quindi, sottoporgli le foto in questione per vedere se riconosce qualcuno di loro.

- Mi sembra un'ottima idea.

- Per forza, visto che è stata partorita dal Boss in persona.

- Allora è ottima senz’altro.

- Alzati e cammina. Fa un po’ di moto prima di fare molto, e per sempre, il morto.

- Spiritoso.

Mignon si alzò e seguì Georgel fuori dall'ufficio, per poi recarsi entrambi in quello della segnaletica. Qui trovarono il responsabile, un uomo di mezza età ma di altezza intera: uno e settantacinque circa, magro come un palo del telegrafo che trasmettesse: a uno come Mignon, invidia e scoramento.

- Sanson – disse questi, - siamo qui per visionare le foto segnaletiche di giovani pregiudicati arrestati abbastanza di recente.

- Di recente quanto? – si informò lui.

- Da pochi giorni fa a pochi anni fa – spiegò Georgel.

- Va bene. Accomodatevi.


Antonio Mecca

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