IL GIOCOLIERE DELLA LETTERATURA 9

Giunse a Saint-Chef intorno alle due meno dieci e due minuti dopo in piazza. Parcheggiò accanto alla vecchia chiesa, uscì dall'auto ed entrò nel tempio cristiano. L'interno era buio come da sempre lui se lo ricordava, le poche candele accese non sufficienti per vincere le tenebre presenti né tantomeno il buio che spesso avvolgeva l’anima. Uscì, e lei era già lì accanto alla sua auto. Sollevò gli occhi dalla carrozzeria per posarli sulla sua di carrozzeria, misera e rovinata dagli anni. Ma nel vederla si dimenticò di tutto, e fu solo il suo cuore a farle sentire la sua voce, che a differenza di quella vocale era molto meno flebile.

- Hélène! È da molto che sei arrivata?

- Proprio ora. Immaginavo che l’auto fosse la vostra. Anche perché l’ho vista già ieri davanti al cancello del cimitero.

- Ti piace?

- Il cancello del cimitero? – chiese lei sorridendo.

- L’auto – specificò anche lui sorridendo.

- Sì. È proprio splendida. È italiana?

- Si,è italiana. Loro le auto, come tutto del resto: abiti, scarpe, cappelli sanno farli con innata eleganza.

La guardò sorridendo. – Mai portato un cappello?

La ragazza lo guardò ridendo. – No. E voi, invece?

- Sì, anche se non spesso. Lo facevo portare al mio personaggio nei dorati anni Cinquanta.

- Antoine – ricordò lei. - O Tony: “Fa fesso ma alle ragazze piace”. – Sorrise, e fu un bel sorriso.

- Vi ricordate in quale romanzo avete scritto questa frase?

Lui cercò di ricordare.

- No. Sai, ho scritto oltre 180 romanzi, per cui non posso certo ricordarmeli tutti.

-È in quel romanzo ambientato in Vietnam, dove il commissario ha a che fare con Laura, la moglie  americana di un suo amico. Lei a un certo punto gli dice: “È uno strano ragazzo, Antoine. Mi piace immensamente”.

- Ah, sì! Adesso me lo ricordo. Apparve nel 1966. Lo hai letto di recente?

- Sì. Un mese fa. Leggo i vostri libri un po’ alla rinfusa, cioè non per ordine cronologico. Ieri ho iniziato la lettura del romanzo con la dedica da voi fattami. Dedica della quale vado particolarmente fiera e ancora vi ringrazio.

Lui scosse le spalle, esibendo sul volto una espressione fintamente modesta. Poi le chiese come fosse andato il lavoro e soprattutto dove lavorava.

- Alla Casa di Riposo. Avere a che fare con gli anziani non è mai molto piacevole, ma ti dà comunque non poche soddisfazioni ricevere da parte loro ringraziamenti e complimenti, soprattutto da parte degli uomini che, anche se vecchi, ancora ti guardano con espressione di desiderio.

- Noi uomini siamo fatti così: stupidi anche in tarda età. Da giovani, istupiditi dall'amore; da vecchi, istupiditi dall’età.

- A noi donne fa piacere ricevere complimenti da parte dei… - Si fermò, palesemente imbarazzata.

- Dei vecchi? - L’uomo rise, amaramente divertito. – Non ti preoccupare di nascondere la realtà delle cose, Hélène. So di essere ormai vecchio, e non è che me ne dispiaccia più di tanto.

- Quanti anni avete, ve lo posso chiedere?

- Certo, che me lo puoi chiedere - rispose lui sorridendo, senza però dirglielo. Lei sembrò non capire lo scherzo. L'uomo disse: - Settantotto.  

La ragazza invece non disse nulla. Cosa si aspettava? Che gli dicesse: “Davvero? Non li dimostrate affatto!”

E invece li dimostrava, di fatto, e proprio tutti. Sapeva di non avere più molto tempo davanti a sé, perché tutto era ormai dietro le spalle. Si ricordò di quel libro autobiografico scritto da un famoso attore italiano: “Un grande avvenire dietro le spalle”. Ottimo titolo, perfettamente azzeccato. E valido anche per lui. 

Pensò poi che avrebbe dovuto calare di diversi chili, prima di calare nella fossa di diversi metri. I becchini avrebbero così evitato di procurarsi l’ernia. Sorrise. E lei con lui.

Antonio Mecca

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