IL LAVORO DA CASA

Cambiano modalità, abitudini e tempi

Nell'attuale emergenza sanitaria si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione nel nostro Paese. Stanno cambiando infatti modalità, abitudini, ritmi di lavoro. Si tratta del lavoro da casa, chiamato anche lavoro agile o smart working o anche lavoro a distanza. È un tipo particolare di esecuzione del  lavoro subordinato, caratterizzato dall'assenza di vincoli, orari, spazi e da un'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi stabiliti da un'accordo tra datore di lavoro e lavoratore. Tutto questo dovrebbe contribuire ad aiutare il lavoratore a conciliare gli intereressi della vita lavorativa con quelli della vita privata. Da precisare che lo smart working si distingue dal telelavoro, perché si svolge in piena autonomia nei tempi e nei luoghi, mentre il telelavoro prevalenemente a casa, ma ambedue, usando gli stessi strumenti digitali e la connettività, tendono a raggiungere il risultato concordato con l'azienda.
Per capire il cambio radicale nel mondo del lavoro in pochissimo tempo basta dire che dal primo gennaio 2020 in Italia si contavavano circa 570 mila lavoratori a distanza, oggi, a causa dell'emergenza del coronavirus, sono passati a circa 8 milioni. È un fatto positivo anche se sta accadendo dietro la spinta del virus e non per scelta matura, agganciando così l'Italia ad altri Paesi più avanzati. Siamo comunque ancora fanalino di coda, dietro agli altri Stati dell'Ue (in media intorno al 17%) e gli Usa (il 37%). 
Il lavoro agile ha molti vantaggi. Intanto in questo periodo di pandemia ha permesso a migliaia di aziende di non chiudere e portare avanti la propria attività, a tanti lavoratori di non perdere il loro lavoro e il loro stipendio.
Cancellando i tempi di trasferimento verso il posto di lavoro, si riduce l'inquinamento causato dai mezzi di trasporto. Con lo smart working si offre un'opportunità alle aziende che non hanno spazi sufficienti per garantire le distanze di sicurezza; gli orari più flessibili e turni di lavoro meno rigidi in tanti casi possono consentire a tante aziende di poter disporre più servizi ai clienti o di prolungare le ore di attività. Insomna il lavorare da casa farebbe aumentare  anche la produttività di almeno il 15-20 per cento, secondo le recenti rilevazioni dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano.
Seguendo lo stesso Osservatorio osserviamo che  questa modalità di lavoro a distanza è stata introdotta dal 58% delle grandi aziende in Italia, tra cui: A2A, IBM, Intesa San Paolo, Pirelli, Enel, Eni, Vodafone, Luxotica. Meno diffuso è  nelle PMA (intorno al 20% delle aziende) e ancor meno nelle pubbliche amministrazioni (il 16%). 
Il Governo con il decreto attuativo del 23-2-2020 ha sostenuto lo smart working soprattutto nell'ambito della PA "con occhio di riguardo per i dipendenti delle PA affetti da patologie pregresse, che usano i trasporti pubblici o che hanno carichi familiari ulteriori connessi alle eventuali chiusure di asili e scuole dell'infanzia"(n.6 del decreto). Con il decreto "Cura Italia" viene rafforzato il lavoro a domicilio per tutta la durata dell'emergenza, salvo per quelle attività indefferibili che non si possono svolgere a distanza.
Con la Fase 2 il lavoro agile viene potenziato e reso più efficace. Le grandi aziende sono obbligate a individuare il numero massimo di dipendenti di accesso nelle sedi aziendali in relazione agli spazi disponibili. Il resto dei lavoratori operano a distanza. Nel Decreto Rilancio varato il 14 maggio si sancisce addirittura il diritto allo smart working per chi ha figli sotto i 14 anni fino alla fine pandemia, anche in assenza di accordi individuali, purché nel nucleo familiare non vi sia altro genitore che sia occupato o che gode  di strumenti di sostegno.
Sullo sviluppo di questa nuova modalità di lavoro alcuni suonano già campanelli di allarme. Primo campanello: Non si usi la scusa dello smart working per mandare a casa le donne.
"L'obiettivo - ha sottolineato Maurizia Iachino, presidente dell'associazione "FuoriQuota" - deve essere quello di rilanciare l'Italia senza lasciare indietro nessuno". L'altra preoccupazione, secondo Antonello Soro, Garante della privacy, è ogni uso improprio che si fa di una gran quota di popolazione catapultata in questa nuova dimensione. In altre parole il lavoro da casa non diventi a ritmo continuo, quindi all' Authority sta a cuore il "diritto alla disconnessione". È anche ciò che auspicano i sindacati, che vorrebbero regolamentare tutto l'ambito del lavoro agile, che loro preferiscono chiamare "home work", differente sia dal cosiddetto lavoro agile sia dal telelavoro. Meno propensa alla disciplina la Confindustria, secondo cui lo smart working è  un'opportunità, ma l'eccesso di regole non fa bene allo sviluppo.
Vedremo dopo il coronavirus quale piega prenderà lo smart working: si consoliderà, sarà una certezza anche nel futuro, verrà regolamentato con accordi sindacali e in che misura?

Luciano Marraffa

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