Il livello di occupazione è fermo, la ripresa rallenta, ma cresce la stabilizzazione di assunzioni a termine
- 06 marzo 2022 Cultura

Il Recovery Plan potrebbe permettere un balzo in avanti
L’osservatorio ISTAT “Occupati e Disoccupati” con i dati di
gennaio 2022 non mostra novità significative, ma alcuni particolari meritano di
essere presi in considerazione.
Vediamo: il livello di occupazione resta sostanzialmente fermo, come già negli ultimi due
mesi del 2021. Si tratta del segnale che la corsa alla ripresa ha rallentato nell’ultimo scorcio del 2021? In realtà il PIL atteso per il 2022 è superiore al 4%, e a Gennaio l’aumento già acquisito per l’anno è già del 2,4%. Tuttavia l’indice di fiducia delle imprese continua a scendere, come già a dicembre,
mentre l’inflazione sale. Non è fuori luogo pensare a un rallentamento della crescita nei prossimi mesi, anche drammatico se gli scenari di guerra dovessero diventare dominanti.
In ogni caso, e questo è il primo particolare che vale la pena osservare, il sostanziale
consolidamento dei numeri dell’occupazione (appena 7.000 unità in meno del mese
di dicembre) vede però una redistribuzione al suo interno: scendono gli occupati a termine (meno 32.000) e aumentano quelli a tempo indeterminato (più 23.000). Impossibile, finché non verranno comunicati i dati delle Comunicazioni
Obbligatorie, stabilire se si tratti di nuove assunzioni o di stabilizzazioni di contratti a termine, ma è molto probabile che in maggioranza si tratti di
questa seconda ipotesi; in ogni caso è un segnale abbastanza rilevante che nelle imprese si inizia a pensare a un consolidamento delle posizioni
lavorative acquisite più che a un’ulteriore crescita. Il che, se è vero, è un segnale per un verso positivo ma d’altra parte sembra alludere a un tetto di
occupazione ormai raggiunto, al netto degli apparentemente incomprimibili posti
vacanti (quasi 350.000 a fine 2021).
Un altro indizio che sia possibile una stasi occupazionale è nella combinazione del
numero di inattivi (+73.000) e dei disoccupati (meno 51.000). Dati che indicano come meno persone cerchino attivamente lavoro (inattivi) e di conseguenza diminuiscono i disoccupati (coloro che cercano lavoro e non lo trovano), in
conseguenza di una minore aspettativa per gli inoccupati di trovare lavoro.
Per capire se le cose stiano effettivamente così occorre aspettare
ulteriori dati sulle ore lavorate (pro capite e monte ore), sulla produzione
industriale e sui flussi di mano d’opera avviamenti-cessazioni) anziché sullo
stock.
Restano comunque sull’orizzonte due questioni
problematiche: le trasformazioni dell’automotive che rischiano di cominciare a
produrre contraccolpi nell’occupazione di tutta la filiera; la progressiva
digitalizzazione che determinerà un crescente bisogno di nuove figure
professionali, per il quale va ancora sperimentato se gli strumenti di
aggiornamento formativo (in primis il Fondo Nuove Competenze) siano adeguati.
Infine è opportuno tener presente che i significativi investimenti
del Recovery Plan potrebbero avere un significativo impatto sull’occupazione
nel comparto delle costruzioni, della sanità e della pubblica amministrazione.
(a cura di Claudio Negro)
Milano, 5.03.2022