- Laura l'ho conosciuta nel bar sottostante di via Ponte Seveso – aveva raccontato la donna. – L'ho subito classificata per quella che era: una prostituta in cerca di clienti.

È stata lei ad abbordarmi, chiedendomi se avessi avuto bisogno, talvolta, di un aiuto per clienti particolarmente esigenti. In quel caso lei sarebbe stata lì: a disposizione. Era a quei tempi molto giovane: intorno ai venticinque anni, e di lì a pochi anni, quando decisi di ritirarmi, cedetti a lei attività e appartamento.

- Sempre sotto il nome di Roberta.

- Sì. È un nome che evidentemente si presta bene per questa professione.

- Ha qualche ipotesi da sottopormi riguardo la sua morte?

- No. Come potrei? Non ci vedevamo né sentivamo da almeno dieci anni.

- A quei tempi viveva con qualcuno?

- Aveva avuto qualche storia senza importanza con uomini senza importanza, e non intendeva legarsi a un singolo uomo a meno che non fosse un individuo singolare. Non essendo interessata ad avere figli, preferiva mantenere la sua autonomia, la sua libertà.

Scalise pensò che si trattasse di una libertà molto particolare visto che per anni la donna era stata incatenata a un lavoro che ne aveva fatto una reclusa dipendente dal sesso e dalle voglie di clienti spesso non graditi né gradevoli. Disse: - Quando lei esercitava, si è mai trovata in situazioni di pericolo?

- No, per fortuna. Naturalmente l'avevo messo in preventivo, un fatto del genere, ma sono stata fortunata visto che sono ancora qui.

Il commissario era uscito dalla casa della donna. Abitava in una via adiacente piazza Piemonte, in una bella palazzina a due piani di non recente costruzione  ma di recente intonacatura. A Scalise venne da pensare che sembrava più questa una casa di appuntamenti: vecchio stile, che non invece l'appartamento di via Tonale.   

Antonio Mecca