TRASFERTA AMERICANA 10

La centrale di polizia non era granché differente da quella che mesi prima avevo avuto il privilegio di frequentare a New York nonché da quelle che di tanto in tanto frequentavo soprattutto in Italia. 

I poliziotti presenti non erano quelli descritti da Chandler in maniera ironicamente amara, dove i suoi eroi Carmady, Dalmas, Marlowe si scontravano con loro pressoché quotidianamente. Comunque, erano pur sempre poliziotti, e io pur sempre un investigatore privato. Per questo motivo non potevano considerarmi sul loro stesso piano. Il tenente che mi ricevette si chiamava Bassett, ma era invece alto, grasso, e con la barba alla Hemingway, quando il celebre scrittore aveva una cinquantina d’anni e al suo attivo i tre quarti della sua produzione letteraria. Gli occhi erano azzurro chiaro e freddi come iceberg sui quali vanno a cozzare imbarcazioni di emigranti clandestini. La bocca era un po’ troppo sottile affinché una donna la giudicasse   

sensuale, ma di aspetto crudele perché si capisse con chi si aveva a che fare. Anche la voce era in sintonia con il personaggio, degno erede dei vari Gregorius, Maglashan, Degarmo.

- Lei è un detective privato italiano?

Confermai la cosa con la mia voce: calma e ben intonata. Almeno per il momento. 

- Perché si trova qui, negli Stati Uniti, in California?

- Perché sono alla ricerca di un mio connazionale che due settimane fa si trovava anche lui in California, in vacanza e che non ha più fatto rientro in Italia. So che è andato, fra gli altri possibili posti, a Santa Monica: ne ho avuta la conferma proprio oggi. Ma non so dove possa essersi recato in seguito, e perché, ed eventualmente con chi.

L'ufficiale di polizia mi fissò a lungo, senza fiatare. Intorno a lui e a me poliziotti in divisa o in borghese parlavano fra loro, in un inglese che già quando è americano non è pulito come quello british, ma quando poi è condito da slang risulta ostico ancora di più.

- Forse non sa - disse quando riprese a parlare - che qui in America è autorizzata a indagare solo la polizia ufficiale, non quella ufficiosa.

Non mi sembrava una domanda, per cui non ritenni di fornire una risposta. Lui disse:

- Le ho fatto una domanda.

- No - risposi. - Non lo sapevo.

- Be’, adesso lo sa. Per cui le conviene, per il suo bene, smettere di farlo e possibilmente anche di soggiornare qui a Los Angeles. So chi è lei, Solmi: la stampa, e la Tv, ne hanno parlato a sufficienza.

- E con sufficienza, immagino. Ho solo aiutato, anche se non richiesto, la polizia italiana nel catturare un criminale pericoloso, un pluriomicida che ha fatto la propria fortuna sfruttando la sfortuna degli altri, il loro vizio, riducendoli in larve umane.

Lui non commentò la mia risposta. Fece però un'altra domanda, che come quella di prima era priva di punto interrogativo.

- Era con lei una ragazza…

- Sì, Nadia. Una giornalista molto brava, che stava per essere uccisa dalla banda di quel farabutto in trasferta a Milano.

Bassett annuì.

- Sì. Ricordo per sommi capi la vicenda. Ora però, amico, le consiglio, anzi: le ingiungo, di smettere.

Non replicai.

- Ha sentito quello che ho detto?

- Sì.

- E l’ha anche capito?

- Certamente. Voi siete gli organi competenti legittimati a indagare e quelli come me non sono nulla e quindi non possono nulla.

Sorrise, mettendo in mostra i suoi denti da lupo.

- Se ne torni in Italia o - se ha ancora altri giorni da passare qui - si limiti a visitare le bellezze locali lasciando alla polizia americana il compito di svolgere le indagini che le competono.

- Quali sono le bellezze locali? - mi informai. - Le spiagge di Malibu e di Santa Monica? Hollywood e Beverly Hills? Disneyland e gli studi della Universal?

- Per quanto mi riguarda può anche restarsene seduto su una panchina a leggere il giornale. Perché immagino sappia leggere, no?

- So leggere, sì, anche se non sempre so comprendere quello che leggo.

- Va bene - replicò alzandosi nel suo metro e novanta di altezza. - La saluto dicendole addio.

- Speriamo che non sia lungo come l'addio Chandleriano. 

Ebbe l'aria di non capire. Mi alzai a mia volta e uscii dalla Centrale di polizia sperando di non doverci più rimettere i piedi. Che non erano piatti come quelli dei poliziotti locali o come il loro cervello simile a un soufflé mal riuscito.

Antonio Mecca

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