Prosa della madre incantata

Dal Volume “Qualcosa di inabitato” Edizioni EDB, Milano 2013
Stelvio Di Spigno

Si muoveva per casa come per dire basta.
Svuotava ceneriere, lucidava i fornelli,
e quando il guanto di smania la lasciava
chiacchierava col gatto e foraggiava il davanzale:
era la regina di passeri e colombi.

Era la madre, il principio di tutto:
per questo tratteneva
lacrime amare in sillabe cadenti: è tutto sangue
da travasare, e farà parte di te, anche se scalci e rifiuti.
Era una donna e insieme una finestra, mai cresciuta

Da giovane il male lo capiva. Pensava ai figli
come a un lenimento. Non arrivò, ma ricorda
cosa pensasse nel'66 o che indossava
il giorno del diploma, esattamente.
Dai suoi vent'anni non s'era mai mossa.

E' in quei momenti che puoi domandarle
perché ha sofferto tanto e di quale dolore.
Perché l'ha passato anche a me. Se ama il mare.

Una volta l'ho raggiunta nel '70:
non sono ancora nato ma parliamo,
sento la sua pietà come il suo sonno.
Ora è riversa dentro il suo rimorso, è sempre sola.
Qualcuno dice che anche questa è vita.