MINE

Regia e sceneggiatura: Fabio Guaglione, Fabio Resinaro. Cast: Armie Hammer, Annabelle Wallis, Tom Cullen, Clint Dyer
Consigliato perché: I due cineasti portano una ventata di freschezza al cinema italiano, e coinvolgono lo spettatore grazie a una storia di coraggio dal sapore internazionale.

Il marine statunitense Mike (Armie Hammer) è bloccato nel deserto afghano dopo aver pestato una mina antiuomo: non si può muovere, o rischia di saltare in aria, e deve sopravvivere per giorni, combattendo le avversità naturali e i propri demoni. L’opera prima di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro si inserisce in un genere dominato dal cinema d’oltreoceano – e lo fa con maestria. “Mine” non è un film di guerra convenzionale, ma il “conflitto col nemico” ne è sicuramente il fulcro. L’ambientazione è un pretesto per narrare della ben più profonda lotta del protagonista con il proprio passato, le proprie motivazioni, le proprie insicurezze; le lunghe ore nel deserto sono la spinta necessaria affinché Mike si decida a compiere quel passo che sa di dover fare. La narrazione è intervallata da flashback, inizialmente brevi e sconnessi, poi via via più lunghi e significativi. Allo scorrere dei titoli di coda, lo spettatore, ancora forse frastornato dalle emozioni e dalla tensione che il film riesce a costruire (e mantenere!) per tutta la sua durata, si rende conto che la trama assomiglia a uno spago sottile ma resistente, apparentemente ingarbugliato senza esserlo realmente. Il climax finale, infatti, è raggiunto districando i nodi nella vita del protagonista: nel momento in cui Mike decide di venire a patti con essi, basta tirare lievemente un capo dello spago e la storia diventa un lineare, coinvolgente, commovente racconto di amore, scelta, e coraggio. Fare un passo avanti non è più semplicemente un’azione, ma è soprattutto il simbolo – continuamente riproposto – della decisione di Mike di superare ciò che lo teneva ancorato al passato, impedendogli di vivere appieno la propria vita. Punto di forza della pellicola, oltre alla sceneggiatura, è l’interpretazione di Armie Hammer, che sostiene l’intero film rendendo emozionante anche la più statica delle scene. Notevoli anche la colonna sonora di Andrea Bonini e soprattutto la fotografia di Sergi Vilanova, che trova modalità sempre nuove e non scontate per inquadrare il deserto e i suoi pericoli.
Un esordio di grande valore per i due registi, che – così come “Lo chiamavano Jeeg Robot” e “Veloce come il vento” – ha aperto la strada ad altre nuove produzioni all’interno di generi cinematografici finora inesplorati.                                                                    
Deborah Lepri

L'INGLESE CANTANDO

Milano in Giallo

di Albertina Fancetti, Franco Mercoli, Alighiero Nonnis, Mario Pace
EDB Edizioni

Com'è bella Milano

di Albertina Fancetti
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L'Osteria degli Orchi

di Albertina Fancetti
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