Donne e Resistenza

Furono staffette, combattenti, rappresentanti di istituzioni, le donne della Resistenza italiana. Furono una componente fondamentale del movimento partigiano nella lotta contro il nazifascismo, lottarono per riconquistare libertà e giustizia ricoprendo funzioni di primaria importanza.

Fondarono squadre di primo soccorso per aiutare feriti e ammalati, contribuirono nella raccolta di indumenti, cibo e medicinali, si occuparono dell'identificazione dei cadaveri e dell'assistenza ai familiari dei caduti con un’intensa attività di raccolta fondi.

Oltre che cucinare, lavare, cucire e assistere i feriti, partecipavano alle riunioni portando il loro contributo politico ed organizzativo e all'occasione sapevano anche cimentarsi con le armi. Prezioso era il loro compito di comunicazione: con astuzia riuscivano a passare dai posti di blocco nemici raggiungendo la meta prefissata, prendevano contatto con i militari e li informavano dei nuovi movimenti.

Le loro azioni erano rischiose e quando cadevano in mano nemica subivano le più atroci torture. Erano brave nel camuffare armi e munizioni: quando venivano fermate dai tedeschi con addosso qualcosa di compromettente, riuscivano spesso ad evitare la perquisizione, dichiarando compiti importanti da svolgere, familiari ammalati, bambini affamati da accudire.

A livello economico-produttivo sostituirono gli uomini nella catena di montaggio, nei pubblici impieghi e nei campi, dove affrontavano le attività più faticose.

In questi settori spesso, organizzavano manifestazioni, al grido di slogan come "Vogliamo vivere in pace" oppure "Vogliamo pane, basta con gli speculatori". Soprattutto nelle campagne, mettevano a disposizione le loro case, rischiando anche la vita, per aiutare i feriti, i convalescenti e dare rifugio alle persone in fuga. Intensa l’attività di propaganda politica, nonché gli atti di sabotaggio e di occupazione dei depositi alimentari tedeschi.

Fecero parte di organizzazioni come i Gruppi di Azione Patriottica (GAP) e le Squadre di Azione Patriottica (SAP), e inoltre, fondarono dei Gruppi di difesa della donna, "aperti a tutte le donne di ogni ceto sociale e di ogni fede politica o religiosa, che volessero partecipare all'opera di liberazione della patria e lottare per la propria emancipazione", per garantire i diritti delle donne, diventate capifamiglia, al posto dei mariti arruolati nell'esercito.

"Anche noi siamo scese in campo" oppure "Tutte le donne hanno preso il loro posto in battaglia" i titoli dei giornali femminili dell’epoca.

Vogliamo ricordarle con i numeri, le stime fornite dall’ANPI, della partecipazione femminile alla Resistenza e menzionare alcuni nomi di chi ha ricevuto medaglie d’oro e d’argento al valor militare per non dimenticare:

  • 70000 donne organizzate nei Gruppi di difesa della donna;
  • 35000 donne partigiane, che operavano come combattenti;
  • 20000 donne con funzioni di supporto;
  • 4563 arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti;
  • 2900 giustiziate o uccise in combattimento;
  • 2750 deportate in Germania nei lager nazisti;
  • 1700 donne ferite
  • 623 fucilate e cadute;
  • 512 commissarie di guerra;

Le partigiane italiane decorate con medaglia d'oro al valor militare furono 19:

  • Irma Bandiera
  • Ines Bedeschi
  • Gina Borellini
  • Livia Bianchi
  • Carla Capponi
  • Cecilia Deganutti
  • Paola Del Din
  • Anna Maria Enriquez
  • Gabriella Degli Esposti Reverberi
  • Norma Pratelli Parenti
  • Tina Lorenzoni
  • Ancilla Marighetto
  • Clorinda Menguzzato
  • Irma Marchiani
  • Rita Rosani
  • Modesta Rossi Polletti
  • Virginia Tonelli
  • Vera Vassalle
  • Iris Versari
  • Joyce Lussu (Medaglia d'argento al valor militare)

Giusi De Roma

 

 

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