LOMBARDIA RIAPRE SOLO SE C'E' MASSIMA SICUREZZA

Lo ha detto Giulio Gallera a Che Tempo Che Fa

"I titoli dei giornali cambiano, la nostra posizione è sempre stata chiara, ripartiamo secondo le indicazioni della scienza e con le modalità con cui la scienza ci dirà di riaprire”.
Così l’Assessore al welfare della Regione Lombardia Giulio Gallera Che tempo che fa su Rai2 rispondendo a Fabio Fazio sulla fase 2 della possibile riapertura della Regione Lombardia il 4 maggio.
“È evidente che non riapriremo i luoghi con grandi assembramenti, i bar alla sera, i ristoranti, valuteremo le librerie. Il resto sarà molto scaglionato e con il massimo delle misure anticontagio. Noi stiamo lavorando sugli ospedali Covid, sulla sicurezza della vita quotidiana che sarà molto diversa, c’è il nodo del trasporto pubblico. In Lombardia abbiamo sempre seguito le indicazioni dell’ISS e della scienza e lo faremo anche in questa fase. C’è un tavolo nazionale, condivideremo col governo alcune posizioni, l’idea è di aprire in sicurezza alcune attività. Noi abbiamo un nostro comitato tecnico-scientifico. Si riaprirà solo nella massima sicurezza, tutti devono avere le mascherine, i guanti, temperatura misurata prima di entrare al lavoro. Se si realizzano queste condizioni riapriamo, altrimenti no”.
 
Cosa è andato storto in Lombardia?
Qui noi curiamo molto bene i nostri anziani, l’età media negli ultimi anni è cresciuta di 4 anni, 82 per gli uomini e 85 per le donne. Qui il virus ha girato indisturbato in alcune aree della Regione Lombardia, Bergamo, Brescia, Lodi, lì abbiamo avuto un fungo atomico che è esploso. Siamo la prima realtà del mondo occidentale che l’ha avuto. Regione Lombardia di fronte al cratere del fungo atomico ha retto molto bene”.
 
Sulla delibera dell’8 marzo della Regione nella possibilità di trasferire alcuni malati nelle RSA?
“Regione Lombardia è stata la prima a imporre di non andare a trovare gli anziani, il 23 febbraio limitando l’accesso ai parenti e il 3 marzo quando si è detto alle strutture di chiuderle ai parenti. La delibera dell’8 marzo è una cosa chiara e semplice, io ascoltavo le voci degli ospedali che dicevano ‘noi non possiamo neanche ricoverare perché non c’è un posto letto’. La gente moriva perché non riuscivamo a trovare un respiratore dove attaccarli e un letto dove metterli. La strategia è stata spostare 2.000 persone dagli ospedali dando a 2.000 cittadini la possibilità di trovare un posto letto, un respiratore e una terapia intensiva e li abbiamo messi in altri ospedali in zone meno affollate e messi nelle riabilitazioni e abbiamo chiesto a chi aveva delle RSA con aree nettamente separate senza alcuna commistione con gli altri di offrire e dare speranza e vita ad altri cittadini. Non li abbiamo messi nelle stesse stanze e negli stessi reparti degli altri ricoverati. Non c’è stata alcuna commistione".


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