Tracce - Percorsi

Con la mostra Sergio Colleoni regala alla città la scultura L'Albero della Vita

La mostra a Villa Burba a Rho, nelle Sale delle Colonne e dell’ex Filatoio, è visitabile fino a domenica 3 ottobre 2021.


C’è tempo fino a domenica 3 ottobre 2021 per visitare la mostra Tracce – Percorsi di Sergio Colleoni in Villa Burba, nelle Sale delle Colonne e dell'ex Filatoio, corso Europa 291, Rho.
Al termine della mostra l'artista rhodense regalerà alla città la sua opera L'Albero della Vita, in vetro soffiato e legata a piombo che rimarrà in Villa Burba nella Corte Rustica, in un dialogo simbolico con i 3 gelsi di circa 350 anni e in continuità con gli alberi del Parco di Villa Burba, entrato da poco in ReGiS (Registro Giardini Storici).
Tracce – Percorsi 
di Sergio Colleoni si affianca alla seconda mostra Volti sempre di Colleoni, presentata nella Galleria d'arte Quadrifoglio di Matteo Carlo Olivares in via Dante Alighieri 9 a Rho, anche questa aperta fino al 3 ottobre.

Questo l'orario della mostra Tracce – Percorsi a Villa Burba:
da martedì a venerdì dalle 15.30 alle 18.30
il sabato e la domenica anche al mattino dalle 10.30 alle 12.30
Orario mostra Volti alla Galleria d'Arte Quadrifoglio
lunedì dalle 10 alle 12.30
martedì dalle 16 alle 19.30
mercoledì dalle 10 alle 12.30 e dalle 16 alle 19.30
giovedì dalle 16 alle 19.30
venerdì dalle 16 alle 19.30
sabato dalle 10 alle 12.30 e dalle 16 alle 19.30.

È richiesto il Green Pass.

IL MOTO DELLA NATURA

Critica di Michele Dolz
«Il meno che si possa chiedere a una scultura è che stia ferma». Così diceva Salvador Dalì, provocatore nato. Ma con buona pace del vecchio baffo la sua sentenza è stata smentita se solo si pensa all'arte cinetica e più recentemente all'ancora insondato mondo digitale. La questione è un'altra: sta fermo il Laocoonte? Fu proprio questo che sconvolse i nostri antenati quando fu trovata in una vigna sul colle Oppio il 14 gennaio 1506. Quel giorno la storia dell’arte cambiò.
No, il Laocoonte non sta fermo. Certo non scappa dal Cortile del Belvedere dove è esposto, ma il suo tormento non ha fine, si contorce da millenni e ci commuove, ché vorremmo scacciare i serpenti e accudirlo, ma si calmi, signore, è finita. E poi è venuto il Michelangelo del Giudizio e poi ancora Bernini e tutti i seguaci contorsionisti senza posa.
Si muove dunque la materia, la più pietrosa delle cose inerti. Volteggia in una danza lenta e intima con la luce, pulsa e gioisce e si duole. Guardate sennò queste piccole sculture di Colleoni, che sembra sia stato a guardare la terracotta modellarsi da sola e piegarsi e allungarsi prendendo forme inattese, come se fossero provvisorie perché dopo si stiracchierà e prenderà una posizione più comoda e più bella. Non si vede la mano dell'artista, proprio non c’è, come un fiore si apre da solo e splende senz’altra mano che quella del Creatore, lontanissima ma attivissima in ogni atomo.
Questi sono fiori insoliti, non si trovano nel catalogo della natura. Si sono rivestiti di smalto per meglio sedurre la luce della finestra in un tango senza principio né fine. Colleoni è stato là a guardarsi lo spettacolo perché questa è un'arte felice, non si vede il tormento né il pensiero né lo spasimo né il dubbio. Quel vecchio, caro professore di cinema ripeteva: quando si scorge troppo la mano del regista, diffidate. Mano invisibile di Sergio Colleoni.
Tornando al Cinquecento, il vecchio, caro (ancora) Vasari osservava «che la scultura e la pittura per il vero son sorelle, nate da un padre che è il disegno, in un sol parto et ad un tempo». Volete conoscere bene uno scultore? Guardate i suoi disegni. Ora qui Colleoni mette tutte le carte sul tavolo, letteralmente. Questi disegni sono parenti stretti delle sculture, vasarianamente.
Sfondano la bidimensionalità, che non conoscono nemmeno. L'artista è scultore, non ci può fare niente, vede le cose in tre dimensioni. L'artista è pure vetratista, vede le cose in trasparenza colorata. Ed eccoci dentro a questi disegni raffinatissimi, matite colorate, lievi, che si appoggiano appena alla mano dello scultore. Perché anch’esse vanno da sole, entrano ed escono dalla scena, si aprono alla luce o a volte la celano, diventano capricciose in qualche segno attorcigliato, scompaiono in sfumature sottili.
Che cosa rappresentano queste opere, sculture e disegni?
 Ecco un altro merito: ciascuno vede quello che può, l'artista si è fermato al punto giusto. Ma non è astrattismo – che pure non ci sarebbe niente da ridire – sono forme che vengono dalla natura e che imitano la natura nel suo procedere con ordine e senza costrizioni.
Antoni Gaudì 
rimane una guida in questo. Scriveva: «Circondato dalle viti e dagli olivi, rallegrato dal chiocciare delle galline, dal cinguettio degli uccelli e dal ronzio degli insetti, e con le montagne del Prades sullo sfondo, ho catturato le più pure e le più piacevoli immagini della natura, che è da sempre la mia maestra». E aggiungeva sempre che non aveva voluto copiare la natura ma imitarne il modo di procedere. Anche Sergio Colleoni.

L'INGLESE CANTANDO

Milano in Giallo

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Com'è bella Milano

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