Álvaro De Campos, Ambiente

Nessuna epoca trasmette alla successiva la propria sensibilità; le trasmette soltanto l’intelligenza che aveva di questa sensibilità. Riguardo all’emozione, siamo noi; per quanto riguarda l’intelligenza, siamo estranei a noi stessi. L’intelligenza ci disperde; così, è mediante ciò che ci disperde che sopravviviamo. Ogni epoca consegna alle successive soltanto ciò che non è stata. 

Un dio, nell’accezione pagana, cioè vera, non è altro che l’intelligenza che un ente ha di se stesso, poiché questa intelligenza che ha di se stesso è la forma impersonale, quindi ideale, di ciò che è. Quando formiamo un concetto intellettuale di noi stessi, formiamo un dio di noi stessi. Pochi, tuttavia, formano di se stessi un concetto intellettuale, perché l’intelligenza è essenzialmente oggettiva. Persino tra i grandi geni sono rari i casi di coloro che sono esistiti nella piena consapevolezza di se stessi.

Vivere è appartenere a qualcun altro. Morire è appartenere a qualcun altro. Vivere e morire sono la stessa cosa. Ma vivere è appartenere a qualcun altro dal di fuori, e morire è appartenere a qualcun altro dal di dentro. Le due cose si assomigliano, ma la vita è il lato esterno della morte. Perciò la vita è la vita e la morte è la morte, perché il lato esterno è sempre più veritiero del lato interno, tenuto conto che è il lato esterno che si vede. 

Ogni vera emozione è una menzogna nell’intelligenza, perché non le appartiene. Ogni vera emozione ha quindi un’espressione falsa. Esprirmesi è dire quello che non si sente. 

Sono i cavalli della cavalleria che formano la cavalleria. Senza le monte, i cavalieri sarebbero pedoni. È il luogo che fa la località. Stare è essere. 

Fingere é conoscersi.


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